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09/05/2023
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Incontrovertibili verità | Secondo le Scritture
La devozione alla figura di Maria è in crisi e i dogmi su di essa possono sembrare anacronistici. Ma un'analisi più approfondita rivela che la loro essenza non è quella di esaltare la Madre, bensì il Figlio
Maggio è il mese mariano per eccellenza: si moltiplicano momenti di condivisione sulla figura della Vergine e preghiere rivolte alla madre di Gesù. Se il culto di Maria ha trovato, fin dal medioevo, largo spazio nella devozione popolare, con il rischio connesso di divinizzare la sua figura quasi senza agganciarla alla fede cristologica e trinitaria, è altrettanto vero che più recentemente, soprattutto tra i giovani, questo tipo di religiosità si sta affievolendo.
Tale crisi esplode nel periodo appena successivo il Concilio Vaticano II (1962-1965) quando difficilmente troviamo riferimenti mariani nei trattati teologici che, invece, sono tutti orientati verso quel recupero del cristocentrismo auspicato dai padri del concilio; inoltre siamo nel pieno della rivoluzione sessuale che porta all’affermarsi di una figura femminile molto lontana da quella diffusa fino ad allora, creando così un’ulteriore distanza tra l’auto-determinazione propria delle giovani generazioni e quella proposta dai modelli tradizionali.
Onorare il padrone di casa
Personalmente penso che il culto mariano sia una delle sfide che la Chiesa dovrà affrontare nel prossimo futuro: immagino siano pochi i giovani, anche tra i consacrati, che riconoscono nel rosario, per fare un esempio concreto e diffuso tra le passate generazioni, un momento di speciale unione con il divino. Non credo che tutto questo stia piegando la tradizione verso un percorso malvagio o di impoverimento: i momenti di crisi delle usanze troppo “eccessive”, che mettono in ombra il vero fulcro di una fede o di una tradizione, sono sempre occasioni per ripensare tale nucleo tematico in maniera nuova e originale, spesso riuscendo a recuperarlo nei suoi principi fondanti.
Proprio di recente, durante un’omelia che stavo seguendo, il sacerdote ha fatto notare come molto spesso veda fedeli che, appena accostatisi all’Eucaristia, corrono agli altari della Madonna e dei santi. Ha invitato a riflettere come, in quel momento, si rischi di perdere di vista “il padrone di casa” per onorare altri; è fondamentale, ha proseguito l’anziano francescano, approfittare di quel momento per pensare al Signore che sta prendendo dimora in noi tramite il mistero del suo corpo, ringraziandolo e glorificandolo. E solo successivamente, a messa finita o in altri momenti della settimana, si potranno pregare le figure che più sento vicine, ma facendo attenzione che queste non prendano il posto di Gesù risorto, il centro della nostra fede.
Vorrei perciò riprendere i quattro dogmi mariani della Chiesa Cattolica che, nella loro formulazione, sono sempre volti ad esaltare la signoria del Cristo. Possiamo dividerli in coppie in base al loro contenuto e al processo evolutivo che hanno avuto nella storia della Chiesa.
Maternità di Dio e verginità di Maria
Inscindibili dalla fede in Cristo e dalle formulazioni legate alla sua divinità, queste due affermazioni della fede cattolica emergono all’interno di un percorso atto ad esaltare la signoria del Cristo, che affonda le sue radici nei primi secoli della Chiesa. A quei tempi si sente la necessità di rintracciare un legame storico-narrativo tra l’uomo crocifisso e il risorto, in modo da confermare l’identità propria del cristiano quale persona che proclama Gesù come Signore, Cristo e Figlio di Dio. È all’interno di questa ricerca, sempre più raffinata di concilio in concilio, che emerge un interesse crescente per la madre del Cristo. Essendo egli unione ipostatica e non volontaria di umanità vera e divinità vera (Concilio di Efeso, 431), Maria può a tutti gli effetti essere chiamata Madre di Dio.
I primi secoli della Chiesa, però, sono anche quelli della lotta contro le eresie che, come è normale che sia nel primo periodo di ricezione di un nuovo messaggio, si vanno diffondendo tra i fedeli di questa nuova comunità. Ed è proprio per combattere queste idee scorrette su Gesù Cristo che la figura mariana trova rilievo, divenendo uno strumento utile per affermare la giusta interpretazione dei fondamenti della fede cristiana. Per esempio, contro l’adozionismo (II – III sec.) – tesi che valorizzava la dimensione squisitamente umana di Gesù il quale, grazie alla sua singolare giustizia e alla speciale personalità, sarebbe stato “adottato” da Dio – si iniziò a difendere la tradizione popolare della verginità di Maria sottolineandone l’eccezionalità, dovuta esclusivamente all’iniziativa di Dio; il quale quindi non ha adottato a posteriori questo speciale uomo poiché egli era, fin dall’origine, di natura divina. O ancora, contro lo gnosticismo che sminuiva tutto ciò che era materiale dando rilievo esclusivamente alla dimensione trascendente, fu necessario affermare la vera umanità di Gesù difendendone quindi la nascita da una donna.
Tutte queste lotte dottrinali portarono ai grandi concili di Costantinopoli, Nicea e Calcedonia, dove venne scritto il Credo che ancora oggi recitiamo nelle celebrazioni eucaristiche e, riguardo la madre di Gesù, vennero ufficialmente introdotti i titoli di Theotókos (madre di Dio) e aeiparthénos (sempre vergine, ovvero prima, durante e dopo il parto).
Lungi dall’indagare i dettagli fisiologici di una nascita tanto speciale, la ripresa della tradizione del parto verginale di Maria mirò a sottolinearne il carattere di irripetibilità: quell’evento è un nuovo inizio per l’umanità redenta dopo la caduta di Adamo ed Eva; Maria diventa, quindi, figura esemplare del cristiano che si offre totalmente e, grazie a questa offerta, diviene incontaminata sul piano fisico, morale e spirituale. Da subito si crea un parallelismo tra Maria e la Chiesa perché da entrambe scaturisce l’umanità nuova: da Maria grazie alla nascita del Redentore e dalla Chiesa grazie al Battesimo, che fa ri-nascere il cristiano. Grazie a questo legame tra Cristo, Maria e Chiesa, nascono le intercessioni mariane (Sub tuum praesidium è del III-IV sec.), un’omiletica e un’innografia dedicate.
Immacolata concezione e Assunzione di Maria
I due dogmi più recenti (rispettivamente 1854 e 1950) sono più strettamente legati alla figura di Maria e alla sua storia. La festa dell’Assunzione di Maria al cielo viene festeggiata il 15 di agosto dal secolo V-VI in poi, mentre quella dell’Immacolata Concezione dal secolo IX. Dobbiamo però aspettare parecchi altri secoli prima che la Chiesa Cattolica ne affermi la verità in maniera incontrovertibile e vincolante. Il fattore decisivo che ha spinto papa Pio IX prima e Pio XII dopo ad affermare tali dogmi non sono state eresie dilaganti o altre questioni fondanti della fede cristiana, ma una sorta di presa d’atto del sensus fidei del popolo di Dio; partendo da questo, si è fatto un percorso a ritroso nella Sacra Scrittura alla ricerca di conferme e dell’assenza di dati in contrasto con tali credenze.
Il dogma dell’Immacolata Concezione vuole ribadire il primato dell’iniziativa di Dio contro l’antropocentrismo moderno, trovando il fondamento scritturistico nel saluto dell’angelo in Luca 1,28: “Kaîre kecharitoméne” che la Bibbia Cei traduce “Ti saluto, o piena di Grazia”. Tale fondamento ha creato non pochi problemi nella storia della teologia, perché affermare che una persona sia piena di Grazia la rende certamente speciale rispetto ad altri… ma che ne è della sua libertà di dire, eventualmente, no all’annuncio dell’angelo? Anche l’universalità del peccato originale sembra compromessa e, di conseguenza, la necessità della redenzione operata dalla Croce.
La diatriba si protrae nel corso dei secoli fino ad arrivare alla soluzione proposta da Giovanni Duns Scoto (XIII secolo) conosciuta come “redenzione preventiva”: essendo Cristo il “Redentore perfettissimo”, con i suoi meriti ha impedito il macchiarsi di Maria. Nel 1854, con la bolla Ineffabilis Deus, Papa Pio IX proclama il dogma dell’Immacolata Concezione, definendo Maria esente dal peccato originale a causa dei meriti di Gesù Cristo per tutto il genere umano che, in Maria, trovano un terreno speciale per fiorire in maniera unica. Ecco che quindi questa verità proclamata dalla Chiesa Cattolica non è fine a sé stessa, non è legata a qualche merito particolare della giovinetta di Nazaret, ma rimanda a Cristo, unica sorgente della grazia. Maria quindi si inserisce nella più ampia dottrina della redenzione operata da Cristo essendone però certamente la sua forma più perfetta.
Lo sviluppo del dogma dell’Assunzione, probabilmente, parte dalla necessità di estendere il mistero della Pasqua di Gesù alla biografia di Maria, unendola con il mistero dell’incarnazione; fin da subito troviamo delle narrazioni a riguardo nei vangeli cosiddetti apocrifi. Anche la sua celebrazione è davvero antica: sembra che già nel V secolo si ricordasse la dormitio di Maria, la quale viene presto considerata un “ponte” tra Dio e gli uomini e quindi oggetto di speciale cura da parte del Signore, ma anche esempio di quello che sarà il destino di tutto il genere umano.
A differenza del dogma dell’Immacolata Concezione, la storia di questa verità di fede è stata caratterizzata da un consenso sostanzialmente unanime nel corso dei secoli. Sicuramente è curiosa l’attesa fino al 1950 per averne una promulgazione chiara e definitiva; se già nella sua nascita Maria gode di uno statuto speciale, anche nella morte dovrà riflettere tale unicità a compimento dello speciale rapporto tra Maria e il Figlio. Ma questo rapporto specialissimo, ci ricorda il Concilio Vaticano II nella costituzione Lumen Gentium, ha un valore ecclesiale. È cioè per tutti, poiché è il segno concreto di una speranza che ha il suo fondamento nell’Alleanza stipulata con il genere umano: il privilegio di Maria annuncia il destino che attende l’umanità intera redenta da Dio.
Concludendo, il culto mariano odierno guarda alla Vergine come il modello della creatura pienamente realizzata secondo il progetto di Dio, che coopera all’opera redentrice del Cristo accogliendone e testimoniandone la grandezza. Solo nel legame con il Figlio e con la Trinità tutta possiamo cogliere i frutti autentici del culto mariano, che non può e non deve restare autoreferenziale, ma deve spronarci all’accoglienza del dono di Dio nella nostra vita personale e di Chiesa.
Di Valentina Venturini
teologa ed educatrice presso la sede di Busto Arsizio dell’Ufficio Educazione Mondialità