-
23/01/2023
-
Educazione
-
libri e dintorni
-
bambini
-
libri
-
lettura
Leggere narrativa. Un piacere educativo
Leggere è educativo? Lo è anche leggere generi meno "nobili" come il giallo o la fantascienza? Due insegnanti di lettere si interrogano sulla lettura e soprattutto sul piacere della lettura
Leggere storie è un piacere.
Spiace che per molti non lo sia e che si legga poco, in Italia soprattutto. È un piacere in meno.
Che piacere è quello del leggere romanzi e racconti? È un piacere soggettivo, diverso da persona a persona e anche cangiante nel corso della vita. Leggere storie dà felicità, per alcuni. Combatte il dolore, per altri. È il piacere di far passeggiare la mente e far lievitare le emozioni. Di viaggiare in mondi vicini e lontani, di trovarsi in compagnia di variegati tipi umani, simili a noi o diversissimi. Di immergersi in intrecci avvincenti, di scoprire un possibile senso in ciò che accade e nuovi significati nelle cose della vita. E molto altro.
Ma vogliamo qui concentrarci su un solo punto: leggere romanzi e racconti è “educativo”? Deve essere educativo?
Non lo è e non deve esserlo, se per “educazione” si intende la (rigida) trasmissione di valori, ancor più se ideologici. La lettura condizionata, etica politica ideologica, è propria infatti dei sistemi totalitari ed è intollerabile. Ma anche una certa tensione “edificante” nelle storie può risultare magari non pericolosa ma controproducente sì, rispetto al piacere del leggere.
Se per “educazione” si intende invece sollecitazione al libero pensiero, al dubbio, all’esplorazione di sé e del mondo e alla relativa attribuzione di significati, in ultimo alla costruzione autonoma di una propria identità, allora non possono esserci incertezze in proposito. L’educazione, in questo senso profondo e più vasto, è data, per esempio, da storie che fanno conoscere diversi punti di vista e realtà che non sono la nostra quotidiana, che mostrano che il sistema di “valori” dominante non è l’unico possibile, che le fragilità e le diversità delle persone possono essere delle risorse per tutti, che le paure sono comuni, che le sconfitte si possono superare e altro ancora.
Ma un libro deve sempre educare, nella accezione appena sopra definita?
Se così fosse, dovremmo leggere solo libri “impegnati”, “seri”, ancor più se connotati da cosiddetti “buoni propositi”. E i libri leggeri, divertenti, senza (apparente) volontà di comunicare messaggi che educhino? Noi pensiamo che ci debba essere (tanto) posto anche per i libri da molti non considerati “seri”. Anche nella leggerezza, nel divertimento, in generale nei territori meno nobili, ci può essere, c’è, qualcosa di (molto) importante. Come l’essere umano, anche la letteratura è strana, imprevedibile, straordinariamente composita. Così anche la paura (horror), l’indagine (poliziesco), i mondi del futuro (fantascienza) hanno il loro posto nell’immaginario. E talvolta possono anch’essi far scoprire qualcosa, suggerire emozioni idee sentimenti, anche valori o diverse, nuove, prospettive di vecchi valori.
Se, allora, un romanzo come Le impazienti di Djaïli Amadou Amal “educa”, facendoci conoscere e toccare con mano il dramma della sottomissione delle donne in un contesto patriarcale (in Camerun), anche un romanzo giallo, come quelli di Agatha Christie, può essere importante perché fa scoprire i meandri della mente criminale, perché disvela debolezze umane ma anche solo perché dà piacere di tentare di scoprire il colpevole, come in un gioco di intelligenza.
Torniamo ora alla considerazione iniziale: se leggere narrativa è un piacere, perché dunque per molti non lo è e in Italia si legge così poco? Sicuramente ha un peso il contesto familiare e socio-culturale che non coltiva il valore della lettura. Ma forse una delle spiegazioni sta proprio in un malinteso senso del valore educativo che si attribuisce alla lettura, a scuola ma non soltanto: si invita così a leggere per imparare a scrivere bene, si consigliano libri che sono impegnati, che insegnino qualcosa, spesso solo i romanzi “importanti”, belli, secondo il canone letterario ma per lo più lontani dal suscitare piacere, soprattutto in un adolescente che è spesso un acerbo lettore.
Senz’altro il gusto di leggere e il numero dei lettori aumenterebbero innanzitutto se maturasse e si diffondesse un’idea di educazione attraverso la narrativa molto ampia e libera da dogmatismi, moralismi e altre rigidità.
Ma soprattutto se si imparasse a leggere “bene”, cioè sapendo apprezzare la costruzione di un intreccio, i personaggi, lo stile, l’inventiva dell’autore. La lettura darà allora il piacere di cui abbiamo detto sin dall’inizio, il quale è un valore positivo in sé, fondante del sé, dunque anche “educativo”. Questa la nostra profonda convinzione.
Di Luciana Virno e Ferdinando Cozzi
insegnanti di Lettere all’IIS Curie Sraffa di Milano fino al 2021, autori di diverse antologie scolastiche per il biennio, l’ultima delle quali, Alzare lo sguardo, pubblicata da Feltrinelli nel 2022, sono attualmente conduttori del Seminario di letture della Biblioteca Pime